Sono un prete cattolico, un pastore di anime col titolo di monsignore. Sono anche un alcolista. Pochi mesi fa ho celebrato l’anniversario della mia ordinazione. Un mese prima avevo celebrato quello più importante: il mio quarto anno come membro di A.A.
Perché dico che l’anniversario di A.A. rappresenta una data più importante di quella della mia ordinazione? La risposta è che tramite A.A. il mio Potere Superiore, Dio, mi ha non solo salvato la vita e riportato alla ragione ma mi ha anche donato un nuovo modo di vivere e ha arricchito immensamente il mio sacerdozio. Perciò, grazie a Dio e ad A.A., sto oggi sforzandomi onestamente e sinceramente, malgrado le molte manchevolezze, di compiere il mio impegno sacerdotale nel modo voluto da Dio. La mia sobrietà deve restare la cosa più importante della mia vita. Senza sobrietà tornerei immediatamente al tipo di vita che conducevo negli ultimi anni del mio bere; la vita di uno che si trova ad andare in una sola direzione, verso il basso.
Penso a quando mi impegnavo nel lavoro per amore del lavoro, disperdendomi freneticamente in molte direzioni. Qualsiasi cosa pur di non guardarmi dentro. L’alcool divenne la ricompensa delle mie strenue fatiche. Con la semplice scusa, “lavoro sodo, mi diverte molto”, cercavo di giustificare il mio bere, che era diventato più frequente e prolungato, e dava come risultato l’assenteismo, la menzogna, il sotterfugio, la trascuratezza del proprio dovere.
Incalzato da ricorrenti fitte di rimorso, colpa e depressione, cercai inutilmente l’aiuto dei medici e dei confratelli. Tentai i ritiri spirituali, la preghiera, le penitenze, l’astensione dall’alcool per certi periodi, le case di riposo, la fuga geografica. Non funzionò niente.
Arrivò lo scoraggiamento profondo e la disperazione. Cosi la vita motivata da grandi ideali, grandi entusiasmi, grandi fervori si era quasi del tutto ristretta all’interno del cerchio composto da me stesso e la bottiglia. Il sacerdote, l’uomo di Dio, si prostrava davanti a un altro signore, l’alcool.
Alla fine, giù nell’abisso, avvolto nell’oscurità, ormai senza speranza, chiesi disperatamente aiuto. Ero pronto a fare qualunque cosa per raggiungere la sobrietà. E Dio ascoltò il mio grido e rispose.
Dopo un periodo di ospedale, andai alla mia prima riunione di A.A. poi mi unii a un gruppo di soli preti alcolisti e frequentai regolarmente queste riunioni. Andai anche a delle riunioni di gruppi laici aperte e chiuse. Ascoltai con mente aperta; mi impegnai. Avevo anche fatto un trattamento psichiatrico di sei mesi.
Giorno per giorno, un giorno alla volta, mi sono tenuto lontano da quel primo bicchiere. A.A. è diventata il mio stile di vita. Riconosco che, paradossalmente, conservo la mia sobrietà donandola agli altri.
In qualsiasi posto e in qualsiasi momento una mano si tenda in cerca di aiuto io mi sento responsabile. Devo restituire liberamente quanto altrettanto liberamente mi è stato dato.
Di una sola cosa sono sicuro: la volontà di Dio oggi è che io rimanga sobrio per queste 24 ore. Al resto ci penserà Lui. Se resto fedele a questo stile di vita di A.A., un giorno alla volta e per il resto della mia vita, io prego — e confido, senza tuttavia sentirmi troppo sicuro — che la volontà di Dio, nella sua amorevole misericordia, farà di me quel sacerdote che Egli desidera che io sia.