Il primo messaggio d’auguri per i miei dieci anni di sobrietà l ‘ho ricevuto stamattina con un sms. Me l’ha mandato un ragazzo che ho seguito per tanto tempo. Non riusciva a smettere di bere. L’alcol era più forte di lui. Come è successo con tanti altri incontrati in AA gli ho sempre tenuto la mano, e, quando ne ha avuto bisogno, l’ho pure ospitato a casa mia.
Stamattina, leggendo quegli auguri ho senti ¬to che arrivavano veramente dal cuore. Perché quando incontri una persona che non ti abbando¬na, che non ti fa sentire solo, che ti fa vedere che la felicità esiste, allora riesci a trovare la forza per ribellarti alla schiavitù dell ‘alcol. E cominciare a vivere veramente.
La trasmissione di questa speranza, che noi chiamiamo messaggio, è la ragione d’essere di AA. Soprattutto all ‘inizio del mio cammino nell ‘associazione io l ‘ho vissuta come una missio¬ne personale: aiutare gli altri mi permetteva di aiutare me stessa. Ma col tempo ho capito che non è così. Non è Antonella che salva. È il gruppo, la condivisione di uno stesso dolore, la capacità di sostenerci reciprocamente, che rendono credibile ed efficace il percorso di recu¬pero. E questo vale per chi si affaccia per la prima volta alla porta di AA, ma anche di chi, come me, c’è dentro da tanti anni. Perché il messaggio è per l’alcolista che soffre. Non è solo per chi si attacca ancora alla bottiglia. È anche per me, che ho smesso da tanto, ma che so che un giorno potrei non essere capace di affrontare una difficoltà o un dol ore.
Singolarmente le persone possono deluderti. Ma il gruppo no, almeno fino quando continua a saper alimentare l’unità e l’armonia. A coltivare quella dimensione spirituale che ti fa accogliere, condividere e consolare la sofferenza tua e delle persone che hai intorno.
Il gruppo non è un’isola felice. Come dappertutto possono esserci momenti di tensione e di stanchezza. È come un mucchietto di sassi raccolti sulla spiaggia. C’è quello più spigoloso e quello che le onde hanno levigato. Ma tutti insie¬me hanno la loro armonia e possono servire per reggere le fondamenta di una nuova casa.
Sono sempre stata una persona malinconica. Da bambina mi dicevano che non sorridevo mai. Avevo alle spalle una famiglia benestante, dei ge¬nitori che hanno continuato a viziarmi anche quando avevo messo sù una famiglia mia. Ma non ero contenta.
Mi piace ancora collezionare bambole e quadri di Marilyn Monroe, ma quello che cerco non è più un mondo di favole. Vivo la mia vita per quello che è: con serenità e responsabilità.
Ho imparato a sorridere, ma anche a piangere. E quello che AA mi ha regalato, la pos¬sibilità di vivere da persona normale, non mi stancherò mai di farlo conoscere. Io insieme al mio gruppo.