Avevano certe facce da osteria che ti mettevano paura, ma se non fosse stato per loro io oggi non sarei qui. Se venticinque anni fa non avessi creduto in quei dieci ubriaconi, mai e poi mai avrei ripreso in mano la mia vita.
AA l’ho conosciuta così, guardando quei volti segnati dall ‘alcol. Erano persone come me che avevano rischiato di essere cacciati di casa, dal lavoro, dagli amici, ma che in quel momento mi stavano indicando la strada per smettere di bere. Mi stavano dando la chiave che avrebbe cambiato la mia vita.
La forza dei gruppi di Alcolisti Anonimi è proprio questa: persone ridotte a scarti che diventano persone utili. E lo fanno nel momento in cui trasmettono il messaggio di speranza di AA a un altro alcolista. A volte basta anche un gesto di amicizia, una parola detta al momento giusto, o più semplicemente una porta aperta dove entrare senza aver paura di essere giudicati.
D’altra parte la nostra associazione è nata proprio dall ‘incontro tra due alcolisti. Bill era un agente di borsa e si trovava a Akron, nell ‘Ohio, per concludere un affare, ma le cose non stavano andando come avrebbe voluto. Era a un bivio: il bancone del bar, dove affogare la rabbia e la delusione, o una cabina del telefono. Scelse la seconda e fu così che per circostanze casuali o, forse provvidenziali, conobbe Bob, un medico anch’egli alcolizzato. Da quell ‘incontro e dalle loro lunghe chiacchierate nacque la consa¬pevolezza che la sobrietà dipende non solo da un percorso spirituale individuale ma anche e soprattutto dalla condivisione di quel percorso.
Era il 1 935. Da allora l ‘associazione ha fatto parecchia strada. Oggi ci sono gruppi in ogni parte del mondo a dimostrazione che la metodologia dell ‘autoaiuto funziona.
I dodici passi di AA segnano il cammino attraverso il quale l’alcolista che è ancora nel problema, che beve, può uscire dalla caverna del suo isolamento. A me ha permesso di riprendermi la vita, la famiglia, il lavoro, la credibilità, l’autostima.
Ma il rischio di riprecipitare nel buio c’è sempre. E non solo per me, come individuo, ma anche per i nostri gruppi. Ecco perché insieme ai dodici passi i nostri fondatori ci hanno tramandato anche delle tradizioni, che definiscono in una certa maniera la coscienza collettiva di Alcolisti Anonimi.
È come passare dall ‘io al noi. Questo significa aprirsi, imparare a uscire dal guscio, impedire che ci si inaridisca come gruppo aggrappandosi alla sicurezza di una nuova caverna fatta di autoreferenzialità.
È per questo che stiamo cercando di acquisire una cultura diversa. Vogliamo scrollarci di dosso quell ‘immagine dell ‘alcolista lacrimoso o paralizzato dalle sue insicurezze. Vogliamo essere artefici di un progetto spirituale e allo stesso tempo concreto. Proprio per questo, applicando la quinta tradizione, alcuni gruppi hanno cominciato ad organizzarsi per rendersi responsabili del territorio dove si trovano. Non è una cosa da poco: c’è un luogo e noi, come gruppo, ne siamo responsabili.