Non è stato per un atto di volontà che ho smesso di bere. È stato per una necessità. Non ho mai provato disgusto verso l ‘alcol, neppure ora. Anzi. Ma so che non posso più avere niente a che fare con quella sostanza.
Le prime sbronze le ho prese che avevo dodici anni: rubavo la bottiglia in cucina e mi nascondevo sotto il tavolo della mia cameretta. Poi ho continuato. Sempre peggio. Mi hanno ritirato la patente. Ho perso il lavoro, la dignità.
È stato durante il ricovero di un mese in un reparto di psichiatria che ho sentito parlare di Alcolisti Anonimi. Lì iniziai a sostituire l ‘alcol con i farmaci. Ma non c’è voluto molto a capire che quella non era la strada giusta.
Anche quando sono entrata in AA non è stato automatico smettere di bere. Finalmente avevo trovato un posto dove poter gridare la mia rabbia senza che qualcuno mi cacciasse o mi giudicasse pazza. Ma ci ho messo anni a capire che cos’è la sobrietà. E a praticarla. Non si tratta infatti solo di stare lontano da una sostanza che mi fa male. Significa acquisire uno stile di vita sano, volermi bene, accettare me stessa e gli altri così come sono.
All ‘inizio ho dovuto impormi una disciplina, cosa che non era proprio nella mia natura. Ma il passaggio decisivo è stato quando ho capito che la proposta di recupero di AA è prima di tutto un cammino di crescita spirituale. Un programma che riguarda la mia vita. Se non ci fosse stato buddismo, ma il rapporto con dio l’ho scoperto all ‘interno di AA. All ‘inizio lo identificavo negli amici del gruppo, ma a un certo punto ho sentito l’aspirazione a qualcosa di più grande. Non mi interessa conoscere chi sia o come si chiami. L’importante è sapere che non sono sola, sentirmi finalmente amata con quell ‘amore che io ho sempre disperatamente cercato in posti e persone sbagliate.
A questo dio che mi ama chiedo di eliminare quei difetti di carattere di cui parla il sesto passo. Questo non significa stravolgere la mia natura o pensare di diventare una persona perfetta. Non lo voglio io e non lo vuole neanche lui. Ma sono certa che dio, poiché mi vuole bene, mi aiuta ad abbandonare tutto ciò che ha reso la mia vita impossibile e che potrebbe farmi riavvicinare alla bottiglia. Certo, il lavoro fisico lo devo fare io. Ma è l ‘amore del potere superiore ad eliminare quei difetti. Nel senso che mi dà l’umiltà, il coraggio e la forza per toglierli di mezzo. Da sola non ce la potrei fare. Neanche con la psicoterapia e neppure con l’aiuto del gruppo che comunque mi è sempre vicino.
Tutto questo l ‘ho capito quando ho sostituito la paura con l ‘amore. E questa consapevolezza mi fa dire che non sono un’alcolista, ma un’alcolista in recupero. C’è una bella differenza. Penso che, a un certo punto del percorso in AA, si debba fuggire dalla tentazione di continuare a piangersi addosso, come se avessimo chissà quale colpa da espiare. Questo programma non solo ci salva la vita, ma è fatto soprattutto per riconciliarci con la vi ta.