Quando, all’ inizio del 2013, ho cominciato a pensare a un reportage su Alcolisti Anonimi mi è apparso subito chiaro che mi sarei trovato di fronte a un’associazione atipica e che, per il mio lavoro, sarebbe stato necessario cambiare radicalmente il punto di vista. AA, come si usa chiamarla, non è infatti solo una delle tante aggregazioni di volontariato che cerca di affrontare il problema delle dipendenze. È qualcosa di più, o, forse, semplicemente qualcosa di diverso.

Dall’esterno, l’ immagine che se ne ha è molto spesso distorta da luoghi comuni e preconcetti.

È facile sentir dire che è una specie di setta, chiusa in se stessa e ancorata a rituali e testi pseudoreligiosi.Per capire di cosa si tratti bisogna invece avvicinarsi.

È necessario incrociare lo sguardo di chi ha abbracciato questo percorso di recupero e ascoltare la sua voce.

E così si può arrivare anche a scoprire che Alcolisti Anonimi è innanzitutto una proposta esistenziale capace di intercettare quel senso di inadeguatezza di fronte alla vita che non riguarda solo chi è vittima della schiavitù dell’alcol.

Durante gli incontri avuti con gli amici di AA tante volte ho sentito ripetere l’espressione “mettere il tappo alla bottiglia”. Certo, queste parole traducono l’atto concreto di chi, con consapevolezza, decide di smettere di affogare nell’alcol il proprio malessere. Ma, allo stesso tempo, sono la metafora di un cammino verso una sobrietà dell’anima che può ricucire lo strappo tra la vita che vorremmo e quella che è.

Questo cammino spirituale è scandito, nel percorso di recupero praticato in AA, da dodici “passi”. L’ultimo, “il dodicesimo passo”, parla della gioia di vivere, una gioia da coltivare ventiquattr’ore alla volta, ma anche da portare al di fuori di sé stessi per comunicarla agli altri. Le storie raccontate in questa mostra – storie vere raccolte rispettando il principio fondamentale dell’anonimato – vogliono essere proprio questo: la testimonianza concreta che la dipendenza può essere vinta, che ci si può riconciliare con la vita. Un ringraziamento a chi ha creduto in questo progetto fotografico e lo ha reso possibile e, in modo particolare, agli amici di AA che hanno acconsentito a raccontare loro storia e a condividerla non solo con me.

 

piero di domenicantonio

 

Mimmo sobrio da 25 anni

Avevano certe facce da osteria che ti mettevano paura, ma se non fosse stato per loro io oggi non sarei qui.

Antonella sobria da 10 anni

Il primo messaggio d’auguri per i miei dieci anni di sobrietà l ‘ho ricevuto stamattina con un sms.

Marina sobria da 10 anni

Senza dire una parola, quel giorno mia figlia mi si è buttata al collo e si è messa a piangere

Umberto sobrio da 6 anni

Ero sul camion quando mi è arrivata la telefonata: «Umbe’ ci dobbiamo riprendere la dignità che abbiamo perso».

Nicoletta sobria da 11 anni

Non è stato per un atto di volontà che ho smesso di bere. È stato per una necessità.

Daniela sobria da 4 anni

Me lo ricordo come fosse oggi. Ed è forse l ‘unica cosa di quel periodo di cui ho mantenuto un’immagine nitida.

Pierluigi sobrio da 1 anno

Era giugno. Faceva caldo, troppo caldo per bere, anche se di solito appena uscivo dal posto dove lavoravo andavo in un bar lì vicino e mi scolavo una birra

Stefano sobrio da 18 mesi

Sono arrivato in Alcolisti Anonimi perché stavo male. Ma più del bere era la solitudine a distruggermi.

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